Appalto fornitura farmaci: la norma che impone la sostituzione di quelli in scadenza, anche se consegnati entro i due terzi della vita utile, va interpretata secondo buona fede
Le norme dei disciplinari di gara, che prevedono la sostituzione dei farmaci inutilizzati in scadenza (ovvero il loro rimborso), anche se questi sono stati consegnati alla stazione appaltante entro i due terzi della loro vita utile, va interpretata secondo il principio di buona fede, sicché va riferita a sopravvenienze fattuali o normative e non ad errate previsioni di acquisto della parte pubblica
Massima
Medicinali – appalto di fornitura – disciplinare di gara – prescrizione di sostituzione o rimborso dei farmaci in scadenza anche se consegnati entro i due terzi della loro vita utile – violazione del principio di affidamento e di equilibrio contrattuale – non sussiste – obbligo di interpretazione secondo canoni di buona fede – possibilità di applicazione in caso di sopravvenienze normative o fattuali – impossibilità di applicazione in caso di errate previsioni di acquisto
* in fondo alla pagina del presente commento è possibile scaricare il testo della sentenza, previa registrazione gratuita
A volte capita di perdere la causa, ma di vincere la lite.
É forse il caso deciso da questa sentenza, nella quale il TAR disegna con precisione il perimetro interpretativo che consente il legittimo inserimento, nei capitolati relativi agli appalti di fornitura di medicinali, di clausole secondo cui l'appaltatore ha l'obbligo di sostituire i farmaci in scadenza (ovvero di rimborsarli) anche se la consegna degli stessi è avvenuta entro i due terzi della loro vita utile.
In questo caso ad impugnare la norma è un'azienda farmaceutica, secondo cui la detta previsione, contenuta nel capitolato di gara, è immediatamente lesiva giacché contraria al principio dell'equilibrio contrattuale e dell'affidamento, visto che rende di per sé incerta la remunerazione in capo all'appaltatore, scaricandogli addosso le disfunzioni derivanti da una pianificazione degli acquisti non accorta da parte della stazione appaltante.
La sentenza del TAR, tuttavia, nel respingere il ricorso, sostanzialmente dà ragione alla ricorrente visto che disegna un perimetro interpretativo della prescrizione impugnata tale da smentire l'eventualità paventata dall'azienda ricorrente.
Secondo la sentenza, infatti, la norma de qua va letta in combinato disposto con altre norme del disciplinare (non impugnate dall'azienda in quanto ritenute evidentemente non lesive) quali:
- la norma secondo cui i farmaci oggetto di revoche ministeriali e ritiri dal commercio vanno ripresi in consegna dal fornitore entro 15 giorni dalla comunicazione dell'Amministrazione
- la norma secondo cui, qualora le normative europee e interne riguardo alla cui conformità era stata rilasciata l'AIC ai farmaci appaltati vengano modificate, il fornitore deve conformare le successive forniture alla nuova normativa senza aumento del prezzo, ovvero sostituire le rimanenze qualora ne venga vietato l'uso.
Riguardo a tali prescrizioni (come detto non impugnate dall'azienda che, quindi, non le ha ritenute immediatamente lesive) la sentenza afferma che sono legittime in quanto, anche se consentono di far ricadere sul fornitore il “rischio di sopravvenienze oggettive” pur a fronte dell'avvenuta fornitura del farmaco, lo fanno a fronte della sopravvenuta sostanziale o effettiva inutilizzabilità dello stesso, sicché la deroga al principio res perit domino non determina grave ed insanabile squilibrio contrattuale.
E, secondo il Collegio, è proprio a tali prescrizioni che va “agganciata” in maniera sistematica l'impugnata prescrizione del capitolato, secondo cui vi è obbligo di ritiro, da parte del fornitore, dei farmaci in scadenza anche qualora consegnati entro i due terzi della loro vita.
Tale lettura combinata delle norme infatti secondo la sentenza consente di concludere in maniera diversa da quanto indicato nel ricorso dell'azienda ricorrente: l'obbligo di ritiro dei prodotti inutilizzati entro la data di scadenza può dipendere soltanto da sopravvenienze oggettive idonee ad incidere sull’impiego dei medicinali forniti e non può dipendere invece da decisioni capotiche dell'Amministrazione conseguenti a errate scelte di approvvigionamento e/o altri comportamenti esclusivamente imputabili all'Amministrazione medesima.
Tra le cause di legittima applicazione della norma dell'obbligo di ritiro da parte dell'appaltatore, infine, il TAR ricomprende comunque anche l'eventualità che nel corso della fornitura siano immessi in commercio medicinali aventi maggiore efficacia terapeutica rispetto a quelli oggetti di appalto, con conseguente convergenza di prescrizioni mediche sui nuovi farmaci tale da determinare un eccesso di giacenza dei farmaci forniti ed impossibilità di utilizzarli entro la loro vita. Anche in questo caso, infatti, si è in presenza di una sopravvenienza oggettiva.
In buona sostanza secondo la sentenza l'obbligo di ritiro dei farmaci da parte del fornitore è contrario al principio di buona fede quando è invece volto a scaricare sull'azienda fornitrice l'errore di valutazione della quantità di approvvigionamento da parte della stazione appaltante.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Firenze/sentenza dell'1 dicembre 2025
Appalto fornitura farmaci: la norma che impone la sostituzione di quelli in scadenza, anche se consegnati entro i due terzi della vita utile, va interpretata secondo buona fede
Le norme dei disciplinari di gara, che prevedono la sostituzione dei farmaci inutilizzati in scadenza (ovvero il loro rimborso), anche se questi sono stati consegnati alla stazione appaltante entro i due terzi della loro vita utile, va interpretata secondo il principio di buona fede, sicché va riferita a sopravvenienze fattuali o normative e non ad errate previsioni di acquisto della parte pubblica
Massima
Medicinali – appalto di fornitura – disciplinare di gara – prescrizione di sostituzione o rimborso dei farmaci in scadenza anche se consegnati entro i due terzi della loro vita utile – violazione del principio di affidamento e di equilibrio contrattuale – non sussiste – obbligo di interpretazione secondo canoni di buona fede – possibilità di applicazione in caso di sopravvenienze normative o fattuali – impossibilità di applicazione in caso di errate previsioni di acquisto
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A volte capita di perdere la causa, ma di vincere la lite.
É forse il caso deciso da questa sentenza, nella quale il TAR disegna con precisione il perimetro interpretativo che consente il legittimo inserimento, nei capitolati relativi agli appalti di fornitura di medicinali, di clausole secondo cui l'appaltatore ha l'obbligo di sostituire i farmaci in scadenza (ovvero di rimborsarli) anche se la consegna degli stessi è avvenuta entro i due terzi della loro vita utile.
In questo caso ad impugnare la norma è un'azienda farmaceutica, secondo cui la detta previsione, contenuta nel capitolato di gara, è immediatamente lesiva giacché contraria al principio dell'equilibrio contrattuale e dell'affidamento, visto che rende di per sé incerta la remunerazione in capo all'appaltatore, scaricandogli addosso le disfunzioni derivanti da una pianificazione degli acquisti non accorta da parte della stazione appaltante.
La sentenza del TAR, tuttavia, nel respingere il ricorso, sostanzialmente dà ragione alla ricorrente visto che disegna un perimetro interpretativo della prescrizione impugnata tale da smentire l'eventualità paventata dall'azienda ricorrente.
Secondo la sentenza, infatti, la norma de qua va letta in combinato disposto con altre norme del disciplinare (non impugnate dall'azienda in quanto ritenute evidentemente non lesive) quali:
- la norma secondo cui i farmaci oggetto di revoche ministeriali e ritiri dal commercio vanno ripresi in consegna dal fornitore entro 15 giorni dalla comunicazione dell'Amministrazione
- la norma secondo cui, qualora le normative europee e interne riguardo alla cui conformità era stata rilasciata l'AIC ai farmaci appaltati vengano modificate, il fornitore deve conformare le successive forniture alla nuova normativa senza aumento del prezzo, ovvero sostituire le rimanenze qualora ne venga vietato l'uso.
Riguardo a tali prescrizioni (come detto non impugnate dall'azienda che, quindi, non le ha ritenute immediatamente lesive) la sentenza afferma che sono legittime in quanto, anche se consentono di far ricadere sul fornitore il “rischio di sopravvenienze oggettive” pur a fronte dell'avvenuta fornitura del farmaco, lo fanno a fronte della sopravvenuta sostanziale o effettiva inutilizzabilità dello stesso, sicché la deroga al principio res perit domino non determina grave ed insanabile squilibrio contrattuale.
E, secondo il Collegio, è proprio a tali prescrizioni che va “agganciata” in maniera sistematica l'impugnata prescrizione del capitolato, secondo cui vi è obbligo di ritiro, da parte del fornitore, dei farmaci in scadenza anche qualora consegnati entro i due terzi della loro vita.
Tale lettura combinata delle norme infatti secondo la sentenza consente di concludere in maniera diversa da quanto indicato nel ricorso dell'azienda ricorrente: l'obbligo di ritiro dei prodotti inutilizzati entro la data di scadenza può dipendere soltanto da sopravvenienze oggettive idonee ad incidere sull’impiego dei medicinali forniti e non può dipendere invece da decisioni capotiche dell'Amministrazione conseguenti a errate scelte di approvvigionamento e/o altri comportamenti esclusivamente imputabili all'Amministrazione medesima.
Tra le cause di legittima applicazione della norma dell'obbligo di ritiro da parte dell'appaltatore, infine, il TAR ricomprende comunque anche l'eventualità che nel corso della fornitura siano immessi in commercio medicinali aventi maggiore efficacia terapeutica rispetto a quelli oggetti di appalto, con conseguente convergenza di prescrizioni mediche sui nuovi farmaci tale da determinare un eccesso di giacenza dei farmaci forniti ed impossibilità di utilizzarli entro la loro vita. Anche in questo caso, infatti, si è in presenza di una sopravvenienza oggettiva.
In buona sostanza secondo la sentenza l'obbligo di ritiro dei farmaci da parte del fornitore è contrario al principio di buona fede quando è invece volto a scaricare sull'azienda fornitrice l'errore di valutazione della quantità di approvvigionamento da parte della stazione appaltante.
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