E' inammissibile il ricorso dei farmacisti contro l'atto che non dispone la chiusura della parafarmacia che ha venduto medicinali riservati a farmacie
Il ricorso dei titolari di farmacia avverso l'atto comunale con cui si è deciso di non disporre la sanzione accessoria della chiusura della parafarmacia che ha venduto medicinali riservati alle sole farmacie è inammissibile, atteso che non vi è alcun effetto diretto nei loro confronti dalla permanenza attiva della parafarmacia
Massima
Medicinali – vendita di farmaci riservati alle farmacie da parte di una parafarmacia – decisione comunale di non adottare la sanzione accessoria della chiusura della parafarmacia – ricorso dei titolari di farmacia – carenza di interesse per assenza di vantaggio dalla chiusura della parafarmacia - inammissibilità
Una parafarmacia vende medicinali riservati alle farmacie, come risulta da un'operazione della Guardia di Finanza, che sequestra confezioni di tali medicinali. Al riguardo il titolare riceve una sanzione pecuniaria dal Comune, che decide però di non adottare la sanzione accessoria prevista dalla legge e, cioè, l'ordine di chiusura della parafarmacia.
I titolari di due farmacie dello stesso Comune impugnano tale atto ritenendo che le due misure sanzionatorie non avrebbero potuto essere disgiunte tenuto anche conto del carattere dovuto del provvedimento, rivolgendosi quindi al TAR Napoli e chiedendo l'annullamento dell'atto comunale ai fini della chiusura dell'esercizio parafarmaceutico, ma il TAR respinge nel merito il ricorso.
Si rivolgono allora in appello al Consiglio di Stato, che conferma la sentenza appellata con diversa motivazione, dichiarando inammissibile il ricorso.
Secondo il Collegio non può riconoscersi ai titolari di farmacia la legittimazione ad impugnare l'atto comunale di mancata comminazione della pena accessoria giacché non è ravvisabile un reale interesse differenziato e qualificato.
Il Consiglio di Stato afferma al proposito che le farmacie appellanti non hanno alcun interesse ad ottenere l’annullamento dell'atto comunale perché operano in un settore merceologico (quello farmaceutico) differente da quello della parafarmacia.
Secondo la sentenza, inoltre, con riferimento alla mancata adozione di provvedimenti sanzionatori da parte del titolare del relativo potere, vi è da richiamare quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui non è sufficiente a fondare la legittimazione a impugnarli neanche la semplice qualità di soggetto denunciante, essendo invece necessario dimostrare di essere titolare di un interesse qualificato e differenziato direttamente danneggiato dalla mancata adozione delle misure sanzionatorie.
Nel caso di specie il Consiglio di Stato rileva che i titolari di farmacie attive sul territorio comunale, pur potendo lamentare un pregiudizio indiretto per effetto dell’avvenuta illecita attività di commercializzazione di farmaci da parte della parafarmacia, comunque non ricevono alcun effetto diretto dalla mancata adozione di un provvedimento di chiusura della stessa; anzi, il Collegio opina che l'interesse fatto valere in un giudizio diretto ad ottenere la chiusura è addirittura prossimo ad essere emulativo e, cioè, diretto al mero nuocere alla controparte.
Né alcun interesse secondo la sentenza può riconoscersi agli appellanti riguardo ad un'eventuale futura ed illecita reiterazione di vendita di medicinali da parte della parafarmacia, visto che ciò configura una lesione soltanto ipotetica ed eventuale e, quindi, come tale, assolutamente priva di quel carattere di attualità che invece deve avere un pregiudizio affinché possa essere riconosciuta la legittimazione e l’interesse a ricorrere.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza del 23 giugno 2023
E' inammissibile il ricorso dei farmacisti contro l'atto che non dispone la chiusura della parafarmacia che ha venduto medicinali riservati a farmacie
Il ricorso dei titolari di farmacia avverso l'atto comunale con cui si è deciso di non disporre la sanzione accessoria della chiusura della parafarmacia che ha venduto medicinali riservati alle sole farmacie è inammissibile, atteso che non vi è alcun effetto diretto nei loro confronti dalla permanenza attiva della parafarmacia
Massima
Medicinali – vendita di farmaci riservati alle farmacie da parte di una parafarmacia – decisione comunale di non adottare la sanzione accessoria della chiusura della parafarmacia – ricorso dei titolari di farmacia – carenza di interesse per assenza di vantaggio dalla chiusura della parafarmacia - inammissibilità
Una parafarmacia vende medicinali riservati alle farmacie, come risulta da un'operazione della Guardia di Finanza, che sequestra confezioni di tali medicinali. Al riguardo il titolare riceve una sanzione pecuniaria dal Comune, che decide però di non adottare la sanzione accessoria prevista dalla legge e, cioè, l'ordine di chiusura della parafarmacia.
I titolari di due farmacie dello stesso Comune impugnano tale atto ritenendo che le due misure sanzionatorie non avrebbero potuto essere disgiunte tenuto anche conto del carattere dovuto del provvedimento, rivolgendosi quindi al TAR Napoli e chiedendo l'annullamento dell'atto comunale ai fini della chiusura dell'esercizio parafarmaceutico, ma il TAR respinge nel merito il ricorso.
Si rivolgono allora in appello al Consiglio di Stato, che conferma la sentenza appellata con diversa motivazione, dichiarando inammissibile il ricorso.
Secondo il Collegio non può riconoscersi ai titolari di farmacia la legittimazione ad impugnare l'atto comunale di mancata comminazione della pena accessoria giacché non è ravvisabile un reale interesse differenziato e qualificato.
Il Consiglio di Stato afferma al proposito che le farmacie appellanti non hanno alcun interesse ad ottenere l’annullamento dell'atto comunale perché operano in un settore merceologico (quello farmaceutico) differente da quello della parafarmacia.
Secondo la sentenza, inoltre, con riferimento alla mancata adozione di provvedimenti sanzionatori da parte del titolare del relativo potere, vi è da richiamare quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui non è sufficiente a fondare la legittimazione a impugnarli neanche la semplice qualità di soggetto denunciante, essendo invece necessario dimostrare di essere titolare di un interesse qualificato e differenziato direttamente danneggiato dalla mancata adozione delle misure sanzionatorie.
Nel caso di specie il Consiglio di Stato rileva che i titolari di farmacie attive sul territorio comunale, pur potendo lamentare un pregiudizio indiretto per effetto dell’avvenuta illecita attività di commercializzazione di farmaci da parte della parafarmacia, comunque non ricevono alcun effetto diretto dalla mancata adozione di un provvedimento di chiusura della stessa; anzi, il Collegio opina che l'interesse fatto valere in un giudizio diretto ad ottenere la chiusura è addirittura prossimo ad essere emulativo e, cioè, diretto al mero nuocere alla controparte.
Né alcun interesse secondo la sentenza può riconoscersi agli appellanti riguardo ad un'eventuale futura ed illecita reiterazione di vendita di medicinali da parte della parafarmacia, visto che ciò configura una lesione soltanto ipotetica ed eventuale e, quindi, come tale, assolutamente priva di quel carattere di attualità che invece deve avere un pregiudizio affinché possa essere riconosciuta la legittimazione e l’interesse a ricorrere.
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