Gara per la concessione della gestione della farmacia comunale: via libera alle società di capitali titolari di farmacie aventi soci non coinvolti nella gestione delle stesse
Le società di capitali titolari di farmacie possono partecipare alla gara per la concessione della gestione di farmacie comunali purché vi siano soci non coinvolti nella gestione delle farmacie di cui la loro società è titolare.
Il metodo dei “multipli” nella determinazione del canone concessorio, in base a cui il Comune ha individuato un moltiplicatore pari ad 1,7, è da ritenersi corretto giacché posizionato all'interno del range di riferimento 1,2/1,7
Massima
Farmacia – gara per la concessione della gestione della farmacia comunale – partecipazione di società di capitali titolari di farmacia – possibilità – condizione – non coinvolgimento di alcuni soci ad alcun titolo nella gestione delle farmacie di cui sono titolari
Farmacia – gara per la concessione della gestione della farmacia comunale –determinazione del canone concessorio – metodo dei multipli – ammissibilità – moltiplicatore di 1,7 - congruenza
Con un'interessante sentenza il TAR Torino stabilisce le giuste coordinate da applicarsi alle gare per la concessione della gestione di farmacie comunali, affrontando una pluralità di questioni quali: la sussistenza di un interesse ad impugnare le clausole della gara da parte di un soggetto che non vi abbia partecipato, le condizioni necessarie per partecipare, i criteri per la corretta determinazione del canone concessorio.
Una società di capitali titolare di farmacie non partecipa alla gara indetta da un Comune per la concessione della gestione della farmacia comunale, ma ne impugna il bando giacché ritiene che esso contenga clausole escludenti sia per tutte quelle società di capitali di cui sia parte un socio dipendente, sia per quanto concerne l'eccessivo ammontare del canone concessorio, che non garantirebbe alcuna redditività.
La prima problematica che il TAR si trova ad affrontare, allora, è se la partecipazione alla gara sia il presupposto per l'impugnativa dei relativi atti, o se invece tale partecipazione non è indispensabile.
La sentenza sul punto afferma che non è necessaria la partecipazione: nello stabilire ciò si aggancia ad una giurisprudenza oramai in fase di consolidamento e cita una pronuncia del 2018 del Consiglio di Stato. Condizione per l'impugnativa immediata delle clausole del bando, tuttavia, dev'essere la loro certa portata escludente, nel senso che esse devono “impedire in modo macroscopico, ovvero rendere estremamente ed inutilmente difficoltoso ad un operatore economico di formulare un’offerta corretta, adeguata e consapevole, configurandosi pertanto come una concreta ed effettiva lesione dell’interesse legittimo dell’impresa a concorrere con gli altri operatori per l’aggiudicazione di una commessa pubblica”. Soltanto in tali casi è possibile impugnare immediatamente le clausole del bando, mentre ogniqualvolta le clausole del bando, ancorché di carattere escludente, presentino margini di ambiguità e quindi siano possibili diverse interpretazioni, tra cui soltanto una comporti l'esclusione del partecipante, non vi è alcun onere di immediata impugnazione, dovendo attendere la scelta interpretativa che l'amministrazione effettuerà negli atti successivi.
Successivamente la sentenza affronta il tema dell'effettiva portata escludente della norma del bando di gara che impedisce la partecipazione, prevedendo l'incompatibilità:
- con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia (art. 8, comma 1, lettera b) della l. n. 362/1991);
- con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato (art. 8, comma 1, lettera c) della l. n. 362/1991).
La tesi della ricorrente è che il bando impedirebbe la partecipazione alle società di capitali costituite da soci tra cui ve ne siano alcuni che abbiano un rapporto di lavoro pubblico o privato (come la ricorrente), mentre l'incompatibilità avrebbe dovuto riguardare non i soci in generale, ma quei soli soci che svolgano attività di titolari o gestori della farmacia e, quindi, i soli soci farmacisti.
Il TAR respinge la censura, ritenendo che la norma del bando non abbia natura escludente per la società ricorrente, in quanto è possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8, comma 1, lett. c) della legge 362/1991 secondo cui, nel rispetto dei principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 11/2020, la causa di incompatibilità ivi prevista non è riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie, che si limitino ad acquisirne quote, senza essere ad alcun titolo coinvolti nella gestione della farmacia.
Il secondo motivo di ricorso riguarda invece la congruità del canone concessorio che, secondo la società ricorrente, è abnormemente alto e tale da impedire una remuneratività per i partecipanti, determinandone di fatto l'impossibilità di partecipazione alla gara.
Sul punto il TAR sostiene che prendere come raffronto, ai fini della verifica della tesi della ricorrente, il dato demografico ed il dato storico della performance della farmacia comunale non sia un criterio condivisibile, tenuto conto che il Comune ha dimostrato che i risultati al di sotto delle aspettative sono derivati dalle limitazioni relative all'assunzione limitata di dipendenti che non hanno consentito un'ottimale concorrenza con la farmacia privata pure presente nel territorio comunale.
Per quanto riguarda, poi, il criterio del calcolo per il canone concessorio, la sentenza certifica come valido quello dei “multipli” (che impiega dei moltiplicatori applicati al fatturato medio), segnalando che l'applicazione come moltiplicatore del coefficiente 1,7 è da ritenersi ragionevole giacché compreso nel range di riferimento 1,2/1,7 nonché giustificato dal fatto che vi è poca offerta di farmacie in vendita, vi è rilevante possibilità di miglioramento delle performances della farmacia grazie alla gestione privatistica della stessa, è rilevabile l'ottima redditività dell’altra farmacia presente in altra zona del medesimo comune.
Tutte le altre censure, rivolte contro norme del bando che renderebbero esclusivamente poco remunerativo il servizio di gestione (ma non precludono la partecipazione alla gara), vengono infine respinte dal TAR come inammissibili sulla base del fatto che, non avendo la società partecipato alla procedura, non ha alcun interesse all'impugnativa delle dette disposizioni.
Un'ultima affermazione interessante della sentenza riguarda la giurisdizione: il contratto stipulato tra il Comune e l'aggiudicatario della gara, impugnato dalla ricorrente, può essere qualificato come accordo di diritto pubblico a norma dell’art. 11 della L. n. 241 del 1990 e quindi rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2 c.p.a., secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento e degli accordi fra pubbliche amministrazioni”.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Torino/sentenza del 23 aprile 2025
Gara per la concessione della gestione della farmacia comunale: via libera alle società di capitali titolari di farmacie aventi soci non coinvolti nella gestione delle stesse
Le società di capitali titolari di farmacie possono partecipare alla gara per la concessione della gestione di farmacie comunali purché vi siano soci non coinvolti nella gestione delle farmacie di cui la loro società è titolare.
Il metodo dei “multipli” nella determinazione del canone concessorio, in base a cui il Comune ha individuato un moltiplicatore pari ad 1,7, è da ritenersi corretto giacché posizionato all'interno del range di riferimento 1,2/1,7
Massima
Farmacia – gara per la concessione della gestione della farmacia comunale – partecipazione di società di capitali titolari di farmacia – possibilità – condizione – non coinvolgimento di alcuni soci ad alcun titolo nella gestione delle farmacie di cui sono titolari
Farmacia – gara per la concessione della gestione della farmacia comunale –determinazione del canone concessorio – metodo dei multipli – ammissibilità – moltiplicatore di 1,7 - congruenza
Con un'interessante sentenza il TAR Torino stabilisce le giuste coordinate da applicarsi alle gare per la concessione della gestione di farmacie comunali, affrontando una pluralità di questioni quali: la sussistenza di un interesse ad impugnare le clausole della gara da parte di un soggetto che non vi abbia partecipato, le condizioni necessarie per partecipare, i criteri per la corretta determinazione del canone concessorio.
Una società di capitali titolare di farmacie non partecipa alla gara indetta da un Comune per la concessione della gestione della farmacia comunale, ma ne impugna il bando giacché ritiene che esso contenga clausole escludenti sia per tutte quelle società di capitali di cui sia parte un socio dipendente, sia per quanto concerne l'eccessivo ammontare del canone concessorio, che non garantirebbe alcuna redditività.
La prima problematica che il TAR si trova ad affrontare, allora, è se la partecipazione alla gara sia il presupposto per l'impugnativa dei relativi atti, o se invece tale partecipazione non è indispensabile.
La sentenza sul punto afferma che non è necessaria la partecipazione: nello stabilire ciò si aggancia ad una giurisprudenza oramai in fase di consolidamento e cita una pronuncia del 2018 del Consiglio di Stato. Condizione per l'impugnativa immediata delle clausole del bando, tuttavia, dev'essere la loro certa portata escludente, nel senso che esse devono “impedire in modo macroscopico, ovvero rendere estremamente ed inutilmente difficoltoso ad un operatore economico di formulare un’offerta corretta, adeguata e consapevole, configurandosi pertanto come una concreta ed effettiva lesione dell’interesse legittimo dell’impresa a concorrere con gli altri operatori per l’aggiudicazione di una commessa pubblica”. Soltanto in tali casi è possibile impugnare immediatamente le clausole del bando, mentre ogniqualvolta le clausole del bando, ancorché di carattere escludente, presentino margini di ambiguità e quindi siano possibili diverse interpretazioni, tra cui soltanto una comporti l'esclusione del partecipante, non vi è alcun onere di immediata impugnazione, dovendo attendere la scelta interpretativa che l'amministrazione effettuerà negli atti successivi.
Successivamente la sentenza affronta il tema dell'effettiva portata escludente della norma del bando di gara che impedisce la partecipazione, prevedendo l'incompatibilità:
- con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia (art. 8, comma 1, lettera b) della l. n. 362/1991);
- con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato (art. 8, comma 1, lettera c) della l. n. 362/1991).
La tesi della ricorrente è che il bando impedirebbe la partecipazione alle società di capitali costituite da soci tra cui ve ne siano alcuni che abbiano un rapporto di lavoro pubblico o privato (come la ricorrente), mentre l'incompatibilità avrebbe dovuto riguardare non i soci in generale, ma quei soli soci che svolgano attività di titolari o gestori della farmacia e, quindi, i soli soci farmacisti.
Il TAR respinge la censura, ritenendo che la norma del bando non abbia natura escludente per la società ricorrente, in quanto è possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8, comma 1, lett. c) della legge 362/1991 secondo cui, nel rispetto dei principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 11/2020, la causa di incompatibilità ivi prevista non è riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie, che si limitino ad acquisirne quote, senza essere ad alcun titolo coinvolti nella gestione della farmacia.
Il secondo motivo di ricorso riguarda invece la congruità del canone concessorio che, secondo la società ricorrente, è abnormemente alto e tale da impedire una remuneratività per i partecipanti, determinandone di fatto l'impossibilità di partecipazione alla gara.
Sul punto il TAR sostiene che prendere come raffronto, ai fini della verifica della tesi della ricorrente, il dato demografico ed il dato storico della performance della farmacia comunale non sia un criterio condivisibile, tenuto conto che il Comune ha dimostrato che i risultati al di sotto delle aspettative sono derivati dalle limitazioni relative all'assunzione limitata di dipendenti che non hanno consentito un'ottimale concorrenza con la farmacia privata pure presente nel territorio comunale.
Per quanto riguarda, poi, il criterio del calcolo per il canone concessorio, la sentenza certifica come valido quello dei “multipli” (che impiega dei moltiplicatori applicati al fatturato medio), segnalando che l'applicazione come moltiplicatore del coefficiente 1,7 è da ritenersi ragionevole giacché compreso nel range di riferimento 1,2/1,7 nonché giustificato dal fatto che vi è poca offerta di farmacie in vendita, vi è rilevante possibilità di miglioramento delle performances della farmacia grazie alla gestione privatistica della stessa, è rilevabile l'ottima redditività dell’altra farmacia presente in altra zona del medesimo comune.
Tutte le altre censure, rivolte contro norme del bando che renderebbero esclusivamente poco remunerativo il servizio di gestione (ma non precludono la partecipazione alla gara), vengono infine respinte dal TAR come inammissibili sulla base del fatto che, non avendo la società partecipato alla procedura, non ha alcun interesse all'impugnativa delle dette disposizioni.
Un'ultima affermazione interessante della sentenza riguarda la giurisdizione: il contratto stipulato tra il Comune e l'aggiudicatario della gara, impugnato dalla ricorrente, può essere qualificato come accordo di diritto pubblico a norma dell’art. 11 della L. n. 241 del 1990 e quindi rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2 c.p.a., secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento e degli accordi fra pubbliche amministrazioni”.
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