Inserimento nell'elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata: indispensabili gli studi clinici di fase seconda
L'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 va letto in combinato disposto con l'art. 2 comma 1 del d.l. n. 23/1998, il che comporta che occorrono i risultati di studi clinici di fase seconda per l'inserimento di un farmaco, da parte dell'AIFA, nell'apposito elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata
Massima
Medicinali - inserimento, da parte dell'AIFA, nell'apposito elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata – mancanza di studi clinici di fase seconda - illegittimità
L'AIFA inserisce tre medicinali nell'elenco di quelli erogabili a totale carico del SSN, nella sezione relativa ai farmaci che possono essere impiegati per indicazioni diverse da quelle autorizzate, e precisamente nell'elenco dell'allegato 3, sennonché l'azienda farmaceutica titolare dell'AIC di un medicinale classificato in classe C impugna il suddetto atto dinnanzi al Giudice amministrativo.
Essa premette che per le indicazioni terapeutiche di cui al provvedimento impugnato esiste il proprio farmaco autorizzato, sicché lamenta la violazione dell'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 (l'utilizzo dei tre farmaci non avverrebbe nel rispetto di un’indicazione “nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza”) e dell'art. 3 comma 2 del d.l. n. 23/1998 (non sono state rispettate le condizioni in ossequio alle quali un medicinale può essere impiegato per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata).
La sentenza accoglie il ricorso premettendo che la base legale del provvedimento impugnato è da individuarsi nell'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996, secondo cui: “Anche se sussista altra alternativa terapeutica nell’ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), sono inseriti nell’elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza. In tal caso l’AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni”; tale disposizione, però, va letta in combinato disposto con l'art. 2 comma 1 ultimo periodo del d.l. n. 23/1998, che stabilisce “In nessun caso, comunque, possono essere inseriti nell’elenco previsto dall’articolo 1, comma 4, del citato decreto-legge n. 536 del 1996, medicinali per i quali non siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda”, che consistono in “studi terapeutici pilota, volti a dimostrare l’attività biologica e la sicurezza, a breve termine, del principio attivo”.
É proprio su tale profilo che si appuntano maggiormente le censure della ricorrente, secondo cui nel caso di specie l'esiguità dei dati clinici in relazione alla sicurezza sotto un determinato profilo nell'uso off label non consente di ritenere l’indicazione contenuta nel provvedimento dell’AIFA come “nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale” (e dimostrerebbe anche la violazione della condizione relativa alla necessaria conformità a parametri di appropriatezza dell’utilizzazione off-label dei farmaci); il Consiglio di Stato condivide tale tesi.
La sentenza infatti richiama gli stessi atti difensivi dell'AIFA, da cui emergerebbe che effettivamente non vi sarebbero studi clinici di fase seconda nel caso di specie, ma soltanto l'esistenza di letteratura scientifica e di una consolidata pratica clinica.
Tali requisiti sono però insufficienti per il Consiglio di Stato che, nel ribadire la necessità di leggere in combinato disposto l'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 e dell'art. 2 comma 1 del d.l. n. 23/1998, conclude rilevando che l'atto impugnato risulta adottato in carenza dei requisiti prescritti dalla legge.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza del 14 luglio 2025
Inserimento nell'elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata: indispensabili gli studi clinici di fase seconda
L'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 va letto in combinato disposto con l'art. 2 comma 1 del d.l. n. 23/1998, il che comporta che occorrono i risultati di studi clinici di fase seconda per l'inserimento di un farmaco, da parte dell'AIFA, nell'apposito elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata
Massima
Medicinali - inserimento, da parte dell'AIFA, nell'apposito elenco dei farmaci a totale carico del SSN per indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata – mancanza di studi clinici di fase seconda - illegittimità
L'AIFA inserisce tre medicinali nell'elenco di quelli erogabili a totale carico del SSN, nella sezione relativa ai farmaci che possono essere impiegati per indicazioni diverse da quelle autorizzate, e precisamente nell'elenco dell'allegato 3, sennonché l'azienda farmaceutica titolare dell'AIC di un medicinale classificato in classe C impugna il suddetto atto dinnanzi al Giudice amministrativo.
Essa premette che per le indicazioni terapeutiche di cui al provvedimento impugnato esiste il proprio farmaco autorizzato, sicché lamenta la violazione dell'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 (l'utilizzo dei tre farmaci non avverrebbe nel rispetto di un’indicazione “nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza”) e dell'art. 3 comma 2 del d.l. n. 23/1998 (non sono state rispettate le condizioni in ossequio alle quali un medicinale può essere impiegato per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata).
La sentenza accoglie il ricorso premettendo che la base legale del provvedimento impugnato è da individuarsi nell'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996, secondo cui: “Anche se sussista altra alternativa terapeutica nell’ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), sono inseriti nell’elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza. In tal caso l’AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni”; tale disposizione, però, va letta in combinato disposto con l'art. 2 comma 1 ultimo periodo del d.l. n. 23/1998, che stabilisce “In nessun caso, comunque, possono essere inseriti nell’elenco previsto dall’articolo 1, comma 4, del citato decreto-legge n. 536 del 1996, medicinali per i quali non siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda”, che consistono in “studi terapeutici pilota, volti a dimostrare l’attività biologica e la sicurezza, a breve termine, del principio attivo”.
É proprio su tale profilo che si appuntano maggiormente le censure della ricorrente, secondo cui nel caso di specie l'esiguità dei dati clinici in relazione alla sicurezza sotto un determinato profilo nell'uso off label non consente di ritenere l’indicazione contenuta nel provvedimento dell’AIFA come “nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale” (e dimostrerebbe anche la violazione della condizione relativa alla necessaria conformità a parametri di appropriatezza dell’utilizzazione off-label dei farmaci); il Consiglio di Stato condivide tale tesi.
La sentenza infatti richiama gli stessi atti difensivi dell'AIFA, da cui emergerebbe che effettivamente non vi sarebbero studi clinici di fase seconda nel caso di specie, ma soltanto l'esistenza di letteratura scientifica e di una consolidata pratica clinica.
Tali requisiti sono però insufficienti per il Consiglio di Stato che, nel ribadire la necessità di leggere in combinato disposto l'art. 1 comma 4 bis del d.l. n. 536/1996 e dell'art. 2 comma 1 del d.l. n. 23/1998, conclude rilevando che l'atto impugnato risulta adottato in carenza dei requisiti prescritti dalla legge.
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