Nel giudizio contro il silenzio è condannata a pagare le spese di lite l'Amministrazione rimasta inerte rispetto all'istanza di trasferimento di un farmacista
La richiesta di un titolare di trasferire la propria farmacia ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, mai riscontrata dalla Regione e scaturita in un giudizio contro il silenzio, comporta la condanna a carico della Regione a pronunciarsi esplicitamente sull'istanza ed a corrispondere le spese legali, a nulla rilevando le ragioni ostative espresse in giudizio
Massima
Farmacia – istanza di trasferimento ex art. 2 bis l. n. 475/1968 – inerzia dell'Amministrazione – ricorso contro il silenzio ex art. 117 cpa – esplicitazione in giudizio delle ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza – irrilevanza – obbligo di pronuncia espressa – condanna alle spese di giudizio a carico dell'Amministrazione
Con un'esemplare pronuncia il TAR Catanzaro condanna la Regione a pagare le spese legali del giudizio avviato da un titolare di farmacia contro il silenzio serbato su un'istanza di trasferimento ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, ritenendo irrilevanti le ragioni ostative esplicitate dalla Regione soltanto nel corso del giudizio ed, anzi, condannandola a pronunciarsi sulla detta istanza con provvedimento esplicito adeguatamente motivato entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, oltre alla rifusione delle spese di lite.
La vicenda scaturisce da una domanda di trasferimento della propria sede farmaceutica, inoltrata alla Regione da un titolare: quest'ultimo, siccome esercita la propria attività in un Comune avente circa duemila abitanti e due farmacie, chiede di usufruire delle procedure ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, con assegnazione di una delle sedi individuate in un decreto regionale.
Sennonché la Regione rimane inerte e il titolare ricorre ex art. 117 c.p.a. al TAR, dinanzi al quale, nelle proprie difese, l'Amministrazione esplicita le ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza.
Il Collegio tuttavia ravvisa l'inadempimento della Regione: in una puntualissima sentenza rammenta che la pubblica Amministrazione ha sempre l'obbligo di provvedere su un'istanza di un privato in tutti quei casi particolari in cui ragioni di giustizia ed equità impongono l'adozione di un provvedimento espresso: quando, cioè, in relazione al dovere di buona amministrazione e di correttezza il cittadino ha una legittima aspettativa ad ottenere riscontro conoscendo così le ragioni delle decisioni assunte.
In tutti quei casi in cui la pretesa del privato dipende dall'intermediazione del potere pubblico, l'Amministrazione deve decidere in maniera espressa, anche se si è di fronte ad un procedimento ad istanza di parte e l'Amministrazione ritenga (come nel caso di specie risulta dalle difese prodotte in giudizio) che vi sono ragioni ostative all'accoglimento.
Al proposito la sentenza giudica irrilevanti i motivi ostativi esplicitati in giudizio: la Regione aveva l'obbligo di formalizzarli al cittadino mediante provvedimento espresso, in maniera da consentirgli non solo di conoscere la decisione finale, ma anche di esercitare il proprio diritto di difesa impugnandola qualora ritenuta illegittima.
Valutando quindi del tutto insufficiente, rispetto a quanto sopra dedotto, la relazione interna prodotta in giudizio dall'Avvocatura regionale con cui sono indicati i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza del farmacista, il TAR conclude condannando la Regione a pronunciarsi mediante provvedimento esplicito e adeguatamente motivato sull'istanza pervenuta, nonché a corrispondere al farmacista le spese di lite.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Catanzaro/sentenza dell'11 agosto 2025
Nel giudizio contro il silenzio è condannata a pagare le spese di lite l'Amministrazione rimasta inerte rispetto all'istanza di trasferimento di un farmacista
La richiesta di un titolare di trasferire la propria farmacia ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, mai riscontrata dalla Regione e scaturita in un giudizio contro il silenzio, comporta la condanna a carico della Regione a pronunciarsi esplicitamente sull'istanza ed a corrispondere le spese legali, a nulla rilevando le ragioni ostative espresse in giudizio
Massima
Farmacia – istanza di trasferimento ex art. 2 bis l. n. 475/1968 – inerzia dell'Amministrazione – ricorso contro il silenzio ex art. 117 cpa – esplicitazione in giudizio delle ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza – irrilevanza – obbligo di pronuncia espressa – condanna alle spese di giudizio a carico dell'Amministrazione
Con un'esemplare pronuncia il TAR Catanzaro condanna la Regione a pagare le spese legali del giudizio avviato da un titolare di farmacia contro il silenzio serbato su un'istanza di trasferimento ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, ritenendo irrilevanti le ragioni ostative esplicitate dalla Regione soltanto nel corso del giudizio ed, anzi, condannandola a pronunciarsi sulla detta istanza con provvedimento esplicito adeguatamente motivato entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, oltre alla rifusione delle spese di lite.
La vicenda scaturisce da una domanda di trasferimento della propria sede farmaceutica, inoltrata alla Regione da un titolare: quest'ultimo, siccome esercita la propria attività in un Comune avente circa duemila abitanti e due farmacie, chiede di usufruire delle procedure ex art. 2 bis della l. n. 475/1968, con assegnazione di una delle sedi individuate in un decreto regionale.
Sennonché la Regione rimane inerte e il titolare ricorre ex art. 117 c.p.a. al TAR, dinanzi al quale, nelle proprie difese, l'Amministrazione esplicita le ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza.
Il Collegio tuttavia ravvisa l'inadempimento della Regione: in una puntualissima sentenza rammenta che la pubblica Amministrazione ha sempre l'obbligo di provvedere su un'istanza di un privato in tutti quei casi particolari in cui ragioni di giustizia ed equità impongono l'adozione di un provvedimento espresso: quando, cioè, in relazione al dovere di buona amministrazione e di correttezza il cittadino ha una legittima aspettativa ad ottenere riscontro conoscendo così le ragioni delle decisioni assunte.
In tutti quei casi in cui la pretesa del privato dipende dall'intermediazione del potere pubblico, l'Amministrazione deve decidere in maniera espressa, anche se si è di fronte ad un procedimento ad istanza di parte e l'Amministrazione ritenga (come nel caso di specie risulta dalle difese prodotte in giudizio) che vi sono ragioni ostative all'accoglimento.
Al proposito la sentenza giudica irrilevanti i motivi ostativi esplicitati in giudizio: la Regione aveva l'obbligo di formalizzarli al cittadino mediante provvedimento espresso, in maniera da consentirgli non solo di conoscere la decisione finale, ma anche di esercitare il proprio diritto di difesa impugnandola qualora ritenuta illegittima.
Valutando quindi del tutto insufficiente, rispetto a quanto sopra dedotto, la relazione interna prodotta in giudizio dall'Avvocatura regionale con cui sono indicati i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza del farmacista, il TAR conclude condannando la Regione a pronunciarsi mediante provvedimento esplicito e adeguatamente motivato sull'istanza pervenuta, nonché a corrispondere al farmacista le spese di lite.
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