Pianta organica farmaceutica: il potere comunale di revisione è collegato al mutamento rilevante del dato della popolazione residente
Secondo un'interpretazione letterale degli artt. 1 e 2 della l. n. 475/1968 la doverosità della revisione della pianta organica farmaceutica è legata all'aumento o alla diminuzione rilevante del numero degli abitanti del Comune
Massima
Farmacia – revisione della pianta organica farmaceutica – potere del Comune – obbligo – mutamento rilevante del dato populativo
Il Consiglio di Stato apre un nuovo filone giurisprudenziale e, in relazione all'obbligo del Comune di revisionare la pianta organica, conferma una sentenza del TAR Venezia nella quale è indicato che tale obbligo è legato al mutamento rilevante del dato della popolazione residente.
La pronuncia pare privilegiare un'interpretazione meramente letterale dei commi 1 e soprattutto 2 dell'art. 2 della l. n. 475/1968: “Il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'Istituto nazionale di statistica”, che però è stato sempre interpretato dalla giurisprudenza in maniera estensiva e cioè come obbligo biennale di verifica e revisione non soltanto del numero, ma anche dell'adeguata dislocazione sul territorio delle sedi, pur nell'invarianza del dato demografico della popolazione.
Il numero degli abitanti, infatti, può anche essere rimasto costante da un biennio all'altro, ma pur all'interno di un dato demografico sostanzialmente invariato, può essere intervenuto un mutamento della distribuzione della popolazione sul territorio, può essere stata modificata la viabilità, possono essersi sviluppate nuove zone di insediamenti abitativi; è per questi ed altri motivi che la giurisprudenza, fin dall'entrata in vigore della l. n. 27/2012, ha pressoché pacificamente stabilito che ogni due anni il Comune deve approvare una nuova pianta organica farmaceutica. Il principio risale alla prima e più rilevante pronuncia sul punto da parte del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1858 del 3 aprile 2013, che eliminò ogni dubbio in merito alla permanenza dell'istituto della pianta organica farmaceutica biennale nel nostro ordinamento giuridico, aprendo le porte a tutte le sentenze successive “Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale. In conclusione, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome” (punto 8 della sentenza citata, in fine).
L'obbligo di revisionare la pianta organica farmaceutica, ovviamente, non comporta sempre e comunque l'onere di modificare la zonizzazione, ben potendo viceversa il Comune decidere di confermare la vigente dislocazione delle sedi: il principio cardine che garantisce la capillarità del sistema farmacia è quello dell'equa distribuzione sul territorio degli esercizi farmaceutici e tale principio viene adeguatamente rispettato soltanto nel caso in cui con costante regolarità temporale (appunto ogni due anni) vi sia una doverosa ricognizione dell'adeguatezza dell'assistenza farmaceutica ai cittadini.
Nello stabilire in linea di principio che il Comune non è tenuto a provvedere in ordine all'eventuale intervenuta sollecitazione, da parte un farmacista, di revisione della pianta organica se non quando vi è stato un mutamento rilevante del dato della popolazione residente, la sentenza tuttavia considera “in via di mera ipotesi” che possa esservi la necessità di una rivalutazione delle sedi farmaceutiche non soltanto per ciò che concerne il quantum, bensì anche per ciò che riguarda il quomodo, sicché a differenza della sentenza di primo grado entra comunque nel merito delle richieste del farmacista ricorrente, ritenendole in ogni caso infondate.
Secondo il Collegio, sul punto, il provvedimento comunale di rigetto di adozione di una nuova pianta organica è non soltanto sorretto da un'adeguata istruttoria, ma pure adeguatamente motivato riguardo all'impossibilità di accoglimento delle dette richieste.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza dell'1 agosto 2025
Pianta organica farmaceutica: il potere comunale di revisione è collegato al mutamento rilevante del dato della popolazione residente
Secondo un'interpretazione letterale degli artt. 1 e 2 della l. n. 475/1968 la doverosità della revisione della pianta organica farmaceutica è legata all'aumento o alla diminuzione rilevante del numero degli abitanti del Comune
Massima
Farmacia – revisione della pianta organica farmaceutica – potere del Comune – obbligo – mutamento rilevante del dato populativo
Il Consiglio di Stato apre un nuovo filone giurisprudenziale e, in relazione all'obbligo del Comune di revisionare la pianta organica, conferma una sentenza del TAR Venezia nella quale è indicato che tale obbligo è legato al mutamento rilevante del dato della popolazione residente.
La pronuncia pare privilegiare un'interpretazione meramente letterale dei commi 1 e soprattutto 2 dell'art. 2 della l. n. 475/1968: “Il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'Istituto nazionale di statistica”, che però è stato sempre interpretato dalla giurisprudenza in maniera estensiva e cioè come obbligo biennale di verifica e revisione non soltanto del numero, ma anche dell'adeguata dislocazione sul territorio delle sedi, pur nell'invarianza del dato demografico della popolazione.
Il numero degli abitanti, infatti, può anche essere rimasto costante da un biennio all'altro, ma pur all'interno di un dato demografico sostanzialmente invariato, può essere intervenuto un mutamento della distribuzione della popolazione sul territorio, può essere stata modificata la viabilità, possono essersi sviluppate nuove zone di insediamenti abitativi; è per questi ed altri motivi che la giurisprudenza, fin dall'entrata in vigore della l. n. 27/2012, ha pressoché pacificamente stabilito che ogni due anni il Comune deve approvare una nuova pianta organica farmaceutica. Il principio risale alla prima e più rilevante pronuncia sul punto da parte del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1858 del 3 aprile 2013, che eliminò ogni dubbio in merito alla permanenza dell'istituto della pianta organica farmaceutica biennale nel nostro ordinamento giuridico, aprendo le porte a tutte le sentenze successive “Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale. In conclusione, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome” (punto 8 della sentenza citata, in fine).
L'obbligo di revisionare la pianta organica farmaceutica, ovviamente, non comporta sempre e comunque l'onere di modificare la zonizzazione, ben potendo viceversa il Comune decidere di confermare la vigente dislocazione delle sedi: il principio cardine che garantisce la capillarità del sistema farmacia è quello dell'equa distribuzione sul territorio degli esercizi farmaceutici e tale principio viene adeguatamente rispettato soltanto nel caso in cui con costante regolarità temporale (appunto ogni due anni) vi sia una doverosa ricognizione dell'adeguatezza dell'assistenza farmaceutica ai cittadini.
Nello stabilire in linea di principio che il Comune non è tenuto a provvedere in ordine all'eventuale intervenuta sollecitazione, da parte un farmacista, di revisione della pianta organica se non quando vi è stato un mutamento rilevante del dato della popolazione residente, la sentenza tuttavia considera “in via di mera ipotesi” che possa esservi la necessità di una rivalutazione delle sedi farmaceutiche non soltanto per ciò che concerne il quantum, bensì anche per ciò che riguarda il quomodo, sicché a differenza della sentenza di primo grado entra comunque nel merito delle richieste del farmacista ricorrente, ritenendole in ogni caso infondate.
Secondo il Collegio, sul punto, il provvedimento comunale di rigetto di adozione di una nuova pianta organica è non soltanto sorretto da un'adeguata istruttoria, ma pure adeguatamente motivato riguardo all'impossibilità di accoglimento delle dette richieste.
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