Rilascio di AIP e cambio di denominazione: la decisione dell'AIFA di cambiarla è legittima nei casi di farmaci “LookAlike/SoundsAlike” con diverso principio attivo
Legittimamente l'AIFA autorizza il cambio di denominazione del farmaco per cui rilascia l'AIP quando le assonanze con altro diverso farmaco commercializzato in Italia avente stessa forma farmaceutica ma differente principio attivo ed indicazioni terapeutiche possono creare pericolo per la salute pubblica
Massima
Medicinale – rilascio di AIP – denominazione - assonanze con altro medicinale avente differenti principio attivo ed indicazioni terapeutiche – pericolo per la salute pubblica – autorizzazione al cambio di denominazione – legittimità
Un importatore parallelo chiede all'AIFA il rilascio di un'AIP per un medicinale lituano la cui denominazione (NEBILET) ha forti assonanze con altro medicinale commercializzato in Italia (NEBIOTIN) avente però differenti principio attivo ed indicazioni terapeutiche ed identica forma farmaceutica e dosaggio (5 milligrammi compresse).
Il pericolo di confusione tra i due diversi farmaci induce l'AIFA ad autorizzare il cambio di denominazione del farmaco importato, che assume quella del corrispondente farmaco autorizzato in Italia LOBIVON, di titolarità di altra azienda farmaceutica.
Secondo la prospettazione dell'azienda farmaceutica titolare del marchio LOBIVON quest'ultimo avrebbe notevole diffusione in Italia, sicché l'importatore parallelo avrebbe chiesto il cambio di denominazione per finalità di mero profitto, non essendo sussistente il rischio di confusione.
Il ricorso, tuttavia, viene respinto.
Con il consueto rigore sistematico che caratterizza le sentenze della Sezione Terza Quater, il Collegio, dopo aver proceduto a delimitare il perimetro della controversia indicando preliminarmente che le questioni attinenti alla eventuale lesione del diritto di privativa sono di competenza del giudice ordinario e non del giudice amministrativo, traccia le coordinate giurisprudenziali calibrate sulla questione all'esame.
Richiama al proposito il paragrafo 43 della sentenza della Corte di Giustizia del 12 ottobre 1999 (in causa C-379/97), secondo cui i Giudici nazionali devono valutare se le circostanze sussistenti al momento della commercializzazione di un farmaco rendano oggettivamente necessaria la sostituzione del marchio originario da parte dell'importatore parallelo con quello dello Stato membro di importazione al fine di non indurre in errore i consumatori.
Soltanto in tali casi, infatti, l'AIFA può “imporre” all'importatore parallelo di cambiare la denominazione del farmaco importato, utilizzando al suo posto quella del corrispondente farmaco già commercializzato in Italia da altro produttore senza che quest'ultimo abbia legittimo titolo per opporsi all'utilizzo dello stesso proprio marchio da parte dell'importatore parallelo.
Il punto centrale di tali decisioni è infatti la tutela della salute dei pazienti ed è del tutto irrilevante il fatto che col cambio di denominazione l'importatore parallelo consegua un vantaggio commerciale ai danni del titolare dell'AIC del farmaco già commercializzato in Italia.
A tal proposito la sentenza richiama la pertinente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenze nn. 3185/2018 e 9306/2023), oltre che del medesimo TAR Roma (sentenza n. 9050/2018) per affermare il principio secondo cui il rischio di confusione tra farmaci per i pazienti dipende dall'eguaglianza o comunque dall'analogia di denominazione di prodotti che hanno “diversi principi attivi e forma farmaceutica o indicazioni terapeutiche diverse”; in questi casi, infatti, l'eguaglianza della denominazione o comunque l'analogia può indurre in errore o in dubbio il medico prescrittore o il farmacista dispensatore, che possono confondere i due diversi farmaci, con conseguenze gravissime per la salute dei pazienti.
Nei casi in cui farmaci “LookAlike/SoundAlike” curano diverse malattie, il rischio di confondimento è oggettivamente alto, sicché legittimamente l'AIFA decide di cambiare la denominazione del farmaco importato assegnandole quella del corrispondente medicinale già commercializzato in Italia dal diverso produttore, tutto ciò nel rispetto:
- della Guideline on the acceptability of names for human products
- delle Linee guida dell'EMA dell'11 dicembre 2007
- della raccomandazione del Ministero della salute del 12 agosto 2010.
Al riguardo il TAR rammenta che le decisioni assunte sul punto dall'AIFA sono connotate da discrezionalità tecnica, riguardo alla quale il sindacato giurisdizionale è consentito in presenza di profili di eccesso di potere riconducibili alle figure sintomatiche dell'illogicità o dell'erroneità.
Ciò posto, la sentenza conclude per la legittimità delle decisioni assunte dall'AIFA, tenuto conto che, nel caso concreto:
a) i due farmaci NEBILET e NEBIOTIN hanno una denominazione simile (con identica radice: NEBI) ed un diverso principio attivo;
b) il consumatore medio non ha gli strumenti conoscitivi scientifici – professionali per distinguere i due farmaci neppure da un punto di vista grafico – fonetico;
c) vi è un conclamato serio pregiudizio per la salute del paziente in caso di assunzione errata di un farmaco al posto dell'altro.
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Roma/sentenza del 30 giugno 2025
Rilascio di AIP e cambio di denominazione: la decisione dell'AIFA di cambiarla è legittima nei casi di farmaci “LookAlike/SoundsAlike” con diverso principio attivo
Legittimamente l'AIFA autorizza il cambio di denominazione del farmaco per cui rilascia l'AIP quando le assonanze con altro diverso farmaco commercializzato in Italia avente stessa forma farmaceutica ma differente principio attivo ed indicazioni terapeutiche possono creare pericolo per la salute pubblica
Massima
Medicinale – rilascio di AIP – denominazione - assonanze con altro medicinale avente differenti principio attivo ed indicazioni terapeutiche – pericolo per la salute pubblica – autorizzazione al cambio di denominazione – legittimità
Un importatore parallelo chiede all'AIFA il rilascio di un'AIP per un medicinale lituano la cui denominazione (NEBILET) ha forti assonanze con altro medicinale commercializzato in Italia (NEBIOTIN) avente però differenti principio attivo ed indicazioni terapeutiche ed identica forma farmaceutica e dosaggio (5 milligrammi compresse).
Il pericolo di confusione tra i due diversi farmaci induce l'AIFA ad autorizzare il cambio di denominazione del farmaco importato, che assume quella del corrispondente farmaco autorizzato in Italia LOBIVON, di titolarità di altra azienda farmaceutica.
Quest'ultima propone allora ricorso al TAR per ottenere l'annullamento dell'autorizzazione al cambio di denominazione, lamentando la violazione della Comunicazione della Commissione europea del 30 dicembre 2003 (COM 839) nonché della Guideline on the acceptability of names of human medicinal products processed trough the centralised procedure dell'EMA.
Secondo la prospettazione dell'azienda farmaceutica titolare del marchio LOBIVON quest'ultimo avrebbe notevole diffusione in Italia, sicché l'importatore parallelo avrebbe chiesto il cambio di denominazione per finalità di mero profitto, non essendo sussistente il rischio di confusione.
Il ricorso, tuttavia, viene respinto.
Con il consueto rigore sistematico che caratterizza le sentenze della Sezione Terza Quater, il Collegio, dopo aver proceduto a delimitare il perimetro della controversia indicando preliminarmente che le questioni attinenti alla eventuale lesione del diritto di privativa sono di competenza del giudice ordinario e non del giudice amministrativo, traccia le coordinate giurisprudenziali calibrate sulla questione all'esame.
Richiama al proposito il paragrafo 43 della sentenza della Corte di Giustizia del 12 ottobre 1999 (in causa C-379/97), secondo cui i Giudici nazionali devono valutare se le circostanze sussistenti al momento della commercializzazione di un farmaco rendano oggettivamente necessaria la sostituzione del marchio originario da parte dell'importatore parallelo con quello dello Stato membro di importazione al fine di non indurre in errore i consumatori.
Soltanto in tali casi, infatti, l'AIFA può “imporre” all'importatore parallelo di cambiare la denominazione del farmaco importato, utilizzando al suo posto quella del corrispondente farmaco già commercializzato in Italia da altro produttore senza che quest'ultimo abbia legittimo titolo per opporsi all'utilizzo dello stesso proprio marchio da parte dell'importatore parallelo.
Il punto centrale di tali decisioni è infatti la tutela della salute dei pazienti ed è del tutto irrilevante il fatto che col cambio di denominazione l'importatore parallelo consegua un vantaggio commerciale ai danni del titolare dell'AIC del farmaco già commercializzato in Italia.
A tal proposito la sentenza richiama la pertinente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenze nn. 3185/2018 e 9306/2023), oltre che del medesimo TAR Roma (sentenza n. 9050/2018) per affermare il principio secondo cui il rischio di confusione tra farmaci per i pazienti dipende dall'eguaglianza o comunque dall'analogia di denominazione di prodotti che hanno “diversi principi attivi e forma farmaceutica o indicazioni terapeutiche diverse”; in questi casi, infatti, l'eguaglianza della denominazione o comunque l'analogia può indurre in errore o in dubbio il medico prescrittore o il farmacista dispensatore, che possono confondere i due diversi farmaci, con conseguenze gravissime per la salute dei pazienti.
Nei casi in cui farmaci “LookAlike/SoundAlike” curano diverse malattie, il rischio di confondimento è oggettivamente alto, sicché legittimamente l'AIFA decide di cambiare la denominazione del farmaco importato assegnandole quella del corrispondente medicinale già commercializzato in Italia dal diverso produttore, tutto ciò nel rispetto:
- della Guideline on the acceptability of names for human products
- delle Linee guida dell'EMA dell'11 dicembre 2007
- della raccomandazione del Ministero della salute del 12 agosto 2010.
Al riguardo il TAR rammenta che le decisioni assunte sul punto dall'AIFA sono connotate da discrezionalità tecnica, riguardo alla quale il sindacato giurisdizionale è consentito in presenza di profili di eccesso di potere riconducibili alle figure sintomatiche dell'illogicità o dell'erroneità.
Ciò posto, la sentenza conclude per la legittimità delle decisioni assunte dall'AIFA, tenuto conto che, nel caso concreto:
a) i due farmaci NEBILET e NEBIOTIN hanno una denominazione simile (con identica radice: NEBI) ed un diverso principio attivo;
b) il consumatore medio non ha gli strumenti conoscitivi scientifici – professionali per distinguere i due farmaci neppure da un punto di vista grafico – fonetico;
c) vi è un conclamato serio pregiudizio per la salute del paziente in caso di assunzione errata di un farmaco al posto dell'altro.
In materia di cambio di denominazione dei farmaci vedi anche le altre sentenze commentate in questa rivista, quali: la sentenza del Consiglio di Stato del 30 ottobre 2023 e la sentenza del TAR Roma del 5 dicembre 2024).
Normativa
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