Sono in parte illegittime le misure di contenimento della spesa farmaceutica assunte dalla regione Umbria per il 2022 e relative ai farmaci anti VEGF
Il Consiglio di Stato, nel ribadire la possibilità, per le Regioni, di impartire direttive volte a contenere la spesa farmaceutica, dichiara però in parte illegittime alcune misure varate dalla Regione Umbria per l'anno 2022 in quanto violano il principio della libertà prescrittiva del medico
Massima
Medicinali – misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica – limitazioni quantitative in misura percentuale – limitazioni del prezzo di rimborso all'ASL di appartenenza – prescrizioni latamente sanzionatorie a carico del medico prescritttore – violazione del principio di libertà prescrittiva del medico – illegittimità
La Regione Umbria, nell'impartire alcune direttive finalizzate al contenimento della spesa farmaceutica per l'anno 2022 ha ecceduto i limiti stabiliti dalla legge e cristallizzati nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, incorrendo così nella violazione del principio della libertà prescrittiva del medico e determinando in tal modo il definitivo annullamento giurisdizionale in parte qua degli atti impugnati.
Il contenzioso con un'azienda farmaceutica che commercializza un farmaco anti VEGF per uso intravitreale, classificato in fascia H per uso ospedaliero (e quindi a carico del SSN) nasce a seguito della pubblicazione della delibera di Giunta n. 305/2022, recante“Determinazione dei tetti di spesa della farmaceutica e dei dispositivi medici per l'anno 2022 e misure finalizzate ad incrementare l'appropriatezza prescrittiva”.
Più precisamente di tale delibera oggetto di contestazione dell'azienda farmaceutica sono:
- l'allegato 4 (obiettivi di attività e indicatori di appropriatezza prescrittiva), laddove dispone che “considerata la sovrapponibilità degli anti-VEGF come specificata nella Nota 98, si dovrà utilizzare come prima scelta il prodotto a base di bevacizumab (preparazione galenica) a minor costo rispetto agli altri prodotti disponibili. Qualora lo specialista ritenga di utilizzare il prodotto a maggior costo dovrà predisporre richiesta motivata, sulla base di specifica modulistica fornita dal Dipartimento/Servizio Farmaceutico aziendale”;
- l'allegato 5 (accordi di mobilità intra-regionale per la compensazione della spesa farmaceutica) nella parte in cui introduce un meccanismo di “mobilità intraregionale” teso a “corresponsabilizzare” la struttura che prescrive il farmaco e l’azienda che ne sostiene il costo. In particolare, la Regione ivi dispone che “l’Azienda sanitaria erogatrice potrà addebitare, tramite tracciato File F, alla ASL di appartenenza del paziente: per i farmaci intravitreali, un costo unitario (fiala) pari a 116 €, indipendentemente dal prodotto utilizzato: la differenza di prezzo resterà a carico della Azienda erogatrice”;
Sono poi impugnati dall'azienda farmaceutica:
- gli atti di un'ASL, in cui è previsto per i Centri autorizzati di destinare oltre l’80% delle prescrizioni mensili al solo principio attivo bevacizumab, con la comminatoria, in caso di inosservanza, di misure sanzionatorie come “il richiamo ufficiale e, se del caso, la revoca dell’autorizzazione a prescrivere” nei riguardi dei medici specialisti che non si attengano alle disposizioni regionali, con previsione del rischio di responsabilità per danno erariale dal mancato rispetto dei tetti di spesa o delle regole appositamente stabilite;
- infine le note di un dirigente di un'ASL relative alle prescrizioni IVT per il 2022, nonché il provvedimento di approvazione della scheda contenente la “richiesta motivata farmaci uso intravitreale per singolo paziente non eleggibile al trattamento con bevacizumab” ai sensi della DGR n. 305/2022.
Il TAR Perugia, con due sentenze identiche aveva respinto i ricorsi (vedi la sentenza del 27 luglio 2023, commentata in questa rivista).
In sede di appello le due dette sentenze di primo grado vengono in parte riformate, con annullamento di una parte soltanto degli atti impugnati.
Per quanto concerne il succitato stralcio dell'allegato 4 il Consiglio di Stato respinge infatti l'appello.
La tesi dell'azienda farmaceutica, secondo cui le disposizioni sopra citate dell'allegato 4 “disallineano” l'onere motivazionale a carico del medico, sovvertendo le norme che sovrintendono alla corretta prescrizione dei medicinali, vengono infatti respinte dal Collegio, che richiama la giurisprudenza in materia dello stesso Consiglio di Stato, secondo cui “l’obbligo di motivazione da parte del medico, che ritenga di dover necessariamente utilizzare un farmaco più costoso rispetto a quelli in gara non può considerarsi limitativo della libertà prescrittiva, tenuto conto che, attraverso tale motivazione, comunque giustificata dalla necessità di tenere sotto controllo l’ammontare della spesa pubblica sanitaria in virtù della c.d. appropriatezza prescrittiva, il medico può comunque disporre l’utilizzazione del farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso di specie”.
In tale sentenza questa Sezione ha ritenuto che il principio dell’appropriatezza prescrittiva è immanente nel nostro ordinamento sanitario per un razionale contenimento della spesa pubblica e un’equilibrata erogazione delle cure a tutti i cittadini senza inutili dispendi, in quanto anche il medico, nel prescrivere il farmaco nella propria autonomia decisionale e secondo scienza e coscienza, deve essere consapevole delle ripercussioni economiche di una scelta non appropriata sull’organizzazione del Servizio Sanitario nazionale in punto di sostenibilità, laddove il medesimo risultato terapeutico per il paziente possa essere garantito con la prescrizione del farmaco meno costoso.
15.4 - Ne consegue che laddove non viene pregiudicata la libertà prescrittiva del medico, ma gli viene soltanto imposto un onere di motivazione sulla scelta del farmaco da prescrivere, non sussiste la violazione del suo diritto al libero esercizio della professione medica, né tantomeno viene leso il diritto alla salute del paziente” (sentenza n. 3648/2021 e, in termini, n. 3929/2022, relative proprio ai farmaci anti VEGF).
Secondo il Collegio le disposizioni dell'allegato 4 della delibera regionale umbra sono rispettose dei principi stabiliti dalla suddetta giurisprudenza giacché se anche prevedono una raccomandazione al medico prescrittore, gli lasciano comunque libertà prescrittiva, con il solo “modestoonere di compilare un modulo” al fine di indicare le ragioni della sua scelta.
Per quanto concerne, invece, il succitato stralcio dell'allegato 5, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso.
Il principio, come detto, è che l'indicazione al medico non deve diventare coercizione.
Sennonché la previsione, contenuta in detto allegato, di un limite per il rimborso del farmaco pari a 116 €, nonché i provvedimenti dell'ASL in cui vengono stabiliti: (a) una quota minima dell’80% di bevacizumab in sede di prescrizione dei farmaci anti-VEGF, (b) possibili “sanzioni” nei confronti dei medici che non si attengono alle raccomandazioni regionali e dell’ASL, secondo la sentenza si pongono in contrasto con il suddetto principio.
Nella pronuncia del Giudice di appello si legge infatti che tali raccomandazioni si palesano finalizzate a coartare la libertà prescrittiva del medico, anche in via indiretta, come nel caso in cui è prevista la possibilità di prescrivere i farmaci on-label garantendo la prescrizione del bevacizumab nell’80% dei casi, il che viene giudicato illogico e irragionevole giacché finisce per coartare surrettiziamente la decisione del medico in danno del paziente nei casi in cui il secondo necessiti di una prescrizione personalizzata a cui il primo non può provvedere se risulta già superato il limite massimo di prescrizioni di farmaci on-label, incorrendo altrimenti egli in misure dissuasive.
La detta percentuale dell’80% secondo il Consiglio di Stato è da ritenersi viziata anche perché ha inciso anche sulla determinazione del costo di rimborso dei farmaci anti-VEGF in caso di mobilità intra-regionale. Sul punto la sentenza sottolinea che nell’Allegato 5 alla delibera n. 305/2022 la Regione ha ritenuto di dover assumere misure con cui realizzare la corresponsabilizzazione tra la struttura che prescrive e l’Azienda Sanitaria che sostiene effettivamente il costo sicché “Tenuto conto del criterio dell’80% è stato stimato l’importo forfettario di compensazione intraregionale del costo dei farmaci anti-VEGF, nella misura di € 116,00”.
Sempre riallacciandosi alla pregressa giurisprudenza e, più precisamente alla citata sentenza n. 3648/2021, però, il Collegio censura tale modus procedendi evidenziando che tale pronuncia, in riferimento ad analoghi provvedimenti regionali che avevano fissato autonomi importi di rimborso dei farmaci anti-VEGF, ha stabilito “l’illegittimità della previsione di un rimborso in misura prestabilita del farmaco on-label disancorata dal proprio costo”, con la conseguenza che “riconoscendo un rimborso fisso, di gran lunga inferiore al costo di acquisto del medicinale effettivamente somministrato, la Regione ha imposto direttamente a carico della struttura erogatrice un onere economico “improprio”, pari al “differenziale” di prezzo. Onere, quest’ultimo, che non solo non è contemplato dalla legge, ma che dovrebbe comunque essere sostenuto dal S.S.N. costituendo una quota parte del prezzo di rimborso negoziato a livello statale dall’AIFA. In tal modo, il medico prescrittore è stato posto dinanzi all’alternativa se prescrivere il farmaco che ritiene – in scienza e coscienza – più adatto alle condizioni cliniche del paziente, scaricando però sulla propria struttura di appartenenza il “maggior costo” non rimborsato dalla Regione, oppure preferire quello off label” (vedi sentenza n. 3648/2021).
Al proposito il Collegio rigetta la tesi della Regione (secondo cui all'azienda farmaceutica verrebbe comunque corrisposto l’intero costo del medicinale) ritenendola da un canto in contrasto con l’art. 6, comma 2 bis del d.l. n. 347/2001, dall’altro canto illegittima giacché comunque dissuasiva nei confronti del medico prescrittore visto che lo pone dinanzi all’alternativa di prescrivere il farmaco ritenuto più adatto al paziente (scaricando però sulla struttura di appartenenza il “maggior costo” non rimborsato dalla Regione), oppure prescrivere quello off-label solo perché rimborsato integralmente.
Le suddette disposizioni sono infine ritenute illegittime anche alla luce delle misure sanzionatorie espressamente previste negli atti impugnati a carico dei medici (“richiamo ufficiale” o “revoca dell'autorizzazione a prescrivere”), il che conferma la mancata salvaguardia del principio di libertà prescrittiva.
Nella sentenza (scaricabile in coda al presente commento), si rinvengono le parti testuali annullate dei provvedimenti impugnati che il Consiglio di Stato ha avuto cura di indicare con estrema precisione.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza del 28 agosto 2025
Sono in parte illegittime le misure di contenimento della spesa farmaceutica assunte dalla regione Umbria per il 2022 e relative ai farmaci anti VEGF
Il Consiglio di Stato, nel ribadire la possibilità, per le Regioni, di impartire direttive volte a contenere la spesa farmaceutica, dichiara però in parte illegittime alcune misure varate dalla Regione Umbria per l'anno 2022 in quanto violano il principio della libertà prescrittiva del medico
Massima
Medicinali – misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica – limitazioni quantitative in misura percentuale – limitazioni del prezzo di rimborso all'ASL di appartenenza – prescrizioni latamente sanzionatorie a carico del medico prescritttore – violazione del principio di libertà prescrittiva del medico – illegittimità
La Regione Umbria, nell'impartire alcune direttive finalizzate al contenimento della spesa farmaceutica per l'anno 2022 ha ecceduto i limiti stabiliti dalla legge e cristallizzati nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, incorrendo così nella violazione del principio della libertà prescrittiva del medico e determinando in tal modo il definitivo annullamento giurisdizionale in parte qua degli atti impugnati.
Il contenzioso con un'azienda farmaceutica che commercializza un farmaco anti VEGF per uso intravitreale, classificato in fascia H per uso ospedaliero (e quindi a carico del SSN) nasce a seguito della pubblicazione della delibera di Giunta n. 305/2022, recante“Determinazione dei tetti di spesa della farmaceutica e dei dispositivi medici per l'anno 2022 e misure finalizzate ad incrementare l'appropriatezza prescrittiva”.
Più precisamente di tale delibera oggetto di contestazione dell'azienda farmaceutica sono:
- l'allegato 4 (obiettivi di attività e indicatori di appropriatezza prescrittiva), laddove dispone che “considerata la sovrapponibilità degli anti-VEGF come specificata nella Nota 98, si dovrà utilizzare come prima scelta il prodotto a base di bevacizumab (preparazione galenica) a minor costo rispetto agli altri prodotti disponibili. Qualora lo specialista ritenga di utilizzare il prodotto a maggior costo dovrà predisporre richiesta motivata, sulla base di specifica modulistica fornita dal Dipartimento/Servizio Farmaceutico aziendale”;
- l'allegato 5 (accordi di mobilità intra-regionale per la compensazione della spesa farmaceutica) nella parte in cui introduce un meccanismo di “mobilità intraregionale” teso a “corresponsabilizzare” la struttura che prescrive il farmaco e l’azienda che ne sostiene il costo. In particolare, la Regione ivi dispone che “l’Azienda sanitaria erogatrice potrà addebitare, tramite tracciato File F, alla ASL di appartenenza del paziente: per i farmaci intravitreali, un costo unitario (fiala) pari a 116 €, indipendentemente dal prodotto utilizzato: la differenza di prezzo resterà a carico della Azienda erogatrice”;
Sono poi impugnati dall'azienda farmaceutica:
- gli atti di un'ASL, in cui è previsto per i Centri autorizzati di destinare oltre l’80% delle prescrizioni mensili al solo principio attivo bevacizumab, con la comminatoria, in caso di inosservanza, di misure sanzionatorie come “il richiamo ufficiale e, se del caso, la revoca dell’autorizzazione a prescrivere” nei riguardi dei medici specialisti che non si attengano alle disposizioni regionali, con previsione del rischio di responsabilità per danno erariale dal mancato rispetto dei tetti di spesa o delle regole appositamente stabilite;
- infine le note di un dirigente di un'ASL relative alle prescrizioni IVT per il 2022, nonché il provvedimento di approvazione della scheda contenente la “richiesta motivata farmaci uso intravitreale per singolo paziente non eleggibile al trattamento con bevacizumab” ai sensi della DGR n. 305/2022.
Il TAR Perugia, con due sentenze identiche aveva respinto i ricorsi (vedi la sentenza del 27 luglio 2023, commentata in questa rivista).
In sede di appello le due dette sentenze di primo grado vengono in parte riformate, con annullamento di una parte soltanto degli atti impugnati.
Per quanto concerne il succitato stralcio dell'allegato 4 il Consiglio di Stato respinge infatti l'appello.
La tesi dell'azienda farmaceutica, secondo cui le disposizioni sopra citate dell'allegato 4 “disallineano” l'onere motivazionale a carico del medico, sovvertendo le norme che sovrintendono alla corretta prescrizione dei medicinali, vengono infatti respinte dal Collegio, che richiama la giurisprudenza in materia dello stesso Consiglio di Stato, secondo cui “l’obbligo di motivazione da parte del medico, che ritenga di dover necessariamente utilizzare un farmaco più costoso rispetto a quelli in gara non può considerarsi limitativo della libertà prescrittiva, tenuto conto che, attraverso tale motivazione, comunque giustificata dalla necessità di tenere sotto controllo l’ammontare della spesa pubblica sanitaria in virtù della c.d. appropriatezza prescrittiva, il medico può comunque disporre l’utilizzazione del farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso di specie”.
In tale sentenza questa Sezione ha ritenuto che il principio dell’appropriatezza prescrittiva è immanente nel nostro ordinamento sanitario per un razionale contenimento della spesa pubblica e un’equilibrata erogazione delle cure a tutti i cittadini senza inutili dispendi, in quanto anche il medico, nel prescrivere il farmaco nella propria autonomia decisionale e secondo scienza e coscienza, deve essere consapevole delle ripercussioni economiche di una scelta non appropriata sull’organizzazione del Servizio Sanitario nazionale in punto di sostenibilità, laddove il medesimo risultato terapeutico per il paziente possa essere garantito con la prescrizione del farmaco meno costoso.
15.4 - Ne consegue che laddove non viene pregiudicata la libertà prescrittiva del medico, ma gli viene soltanto imposto un onere di motivazione sulla scelta del farmaco da prescrivere, non sussiste la violazione del suo diritto al libero esercizio della professione medica, né tantomeno viene leso il diritto alla salute del paziente” (sentenza n. 3648/2021 e, in termini, n. 3929/2022, relative proprio ai farmaci anti VEGF).
Secondo il Collegio le disposizioni dell'allegato 4 della delibera regionale umbra sono rispettose dei principi stabiliti dalla suddetta giurisprudenza giacché se anche prevedono una raccomandazione al medico prescrittore, gli lasciano comunque libertà prescrittiva, con il solo “modestoonere di compilare un modulo” al fine di indicare le ragioni della sua scelta.
Per quanto concerne, invece, il succitato stralcio dell'allegato 5, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso.
Il principio, come detto, è che l'indicazione al medico non deve diventare coercizione.
Sennonché la previsione, contenuta in detto allegato, di un limite per il rimborso del farmaco pari a 116 €, nonché i provvedimenti dell'ASL in cui vengono stabiliti: (a) una quota minima dell’80% di bevacizumab in sede di prescrizione dei farmaci anti-VEGF, (b) possibili “sanzioni” nei confronti dei medici che non si attengono alle raccomandazioni regionali e dell’ASL, secondo la sentenza si pongono in contrasto con il suddetto principio.
Nella pronuncia del Giudice di appello si legge infatti che tali raccomandazioni si palesano finalizzate a coartare la libertà prescrittiva del medico, anche in via indiretta, come nel caso in cui è prevista la possibilità di prescrivere i farmaci on-label garantendo la prescrizione del bevacizumab nell’80% dei casi, il che viene giudicato illogico e irragionevole giacché finisce per coartare surrettiziamente la decisione del medico in danno del paziente nei casi in cui il secondo necessiti di una prescrizione personalizzata a cui il primo non può provvedere se risulta già superato il limite massimo di prescrizioni di farmaci on-label, incorrendo altrimenti egli in misure dissuasive.
La detta percentuale dell’80% secondo il Consiglio di Stato è da ritenersi viziata anche perché ha inciso anche sulla determinazione del costo di rimborso dei farmaci anti-VEGF in caso di mobilità intra-regionale. Sul punto la sentenza sottolinea che nell’Allegato 5 alla delibera n. 305/2022 la Regione ha ritenuto di dover assumere misure con cui realizzare la corresponsabilizzazione tra la struttura che prescrive e l’Azienda Sanitaria che sostiene effettivamente il costo sicché “Tenuto conto del criterio dell’80% è stato stimato l’importo forfettario di compensazione intraregionale del costo dei farmaci anti-VEGF, nella misura di € 116,00”.
Sempre riallacciandosi alla pregressa giurisprudenza e, più precisamente alla citata sentenza n. 3648/2021, però, il Collegio censura tale modus procedendi evidenziando che tale pronuncia, in riferimento ad analoghi provvedimenti regionali che avevano fissato autonomi importi di rimborso dei farmaci anti-VEGF, ha stabilito “l’illegittimità della previsione di un rimborso in misura prestabilita del farmaco on-label disancorata dal proprio costo”, con la conseguenza che “riconoscendo un rimborso fisso, di gran lunga inferiore al costo di acquisto del medicinale effettivamente somministrato, la Regione ha imposto direttamente a carico della struttura erogatrice un onere economico “improprio”, pari al “differenziale” di prezzo. Onere, quest’ultimo, che non solo non è contemplato dalla legge, ma che dovrebbe comunque essere sostenuto dal S.S.N. costituendo una quota parte del prezzo di rimborso negoziato a livello statale dall’AIFA. In tal modo, il medico prescrittore è stato posto dinanzi all’alternativa se prescrivere il farmaco che ritiene – in scienza e coscienza – più adatto alle condizioni cliniche del paziente, scaricando però sulla propria struttura di appartenenza il “maggior costo” non rimborsato dalla Regione, oppure preferire quello off label” (vedi sentenza n. 3648/2021).
Al proposito il Collegio rigetta la tesi della Regione (secondo cui all'azienda farmaceutica verrebbe comunque corrisposto l’intero costo del medicinale) ritenendola da un canto in contrasto con l’art. 6, comma 2 bis del d.l. n. 347/2001, dall’altro canto illegittima giacché comunque dissuasiva nei confronti del medico prescrittore visto che lo pone dinanzi all’alternativa di prescrivere il farmaco ritenuto più adatto al paziente (scaricando però sulla struttura di appartenenza il “maggior costo” non rimborsato dalla Regione), oppure prescrivere quello off-label solo perché rimborsato integralmente.
Le suddette disposizioni sono infine ritenute illegittime anche alla luce delle misure sanzionatorie espressamente previste negli atti impugnati a carico dei medici (“richiamo ufficiale” o “revoca dell'autorizzazione a prescrivere”), il che conferma la mancata salvaguardia del principio di libertà prescrittiva.
Nella sentenza (scaricabile in coda al presente commento), si rinvengono le parti testuali annullate dei provvedimenti impugnati che il Consiglio di Stato ha avuto cura di indicare con estrema precisione.
Riferimenti
Collegamenti
Per visualizzare la sentenza/l'atto normativo è necessario accedere al sito.
Accedi al sito oppure compila il modulo di registrazione ora.