Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del militare per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale: il TAR Roma sospende il giudizio e attende la Corte di Giustizia
La Sezione Prima Bis del TAR Roma sospende il giudizio relativo ad una sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di un militare che non aveva assolto l'obbligo vaccinale e decide di attendere il responso della Corte di Giustizia sulla questione pregiudiziale rimessale dalla Prima Sezione del Consiglio di Stato
Massima
Medicinale – sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del militare – mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale – sospensione del giudizio – questione pregiudiziale pendente dinanzi alla Corte di Giustizia
In un periodo in cui si moltiplicano le pronunce della Giustizia amministrativa relative ai ricorsi proposti avverso le sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione disposte nei confronti di esponenti delle varie categorie di dipendenti dello Stato che non hanno assolto gli obblighi vaccinali, spicca questa ordinanza con cui il TAR Roma decide di sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia in materia.
La Prima Sezione del Consiglio di Stato, infatti, con il parere n. 563 del 12 giugno 2025, richiamando anche il precedente parere 29 luglio 2024 n. 893, (rispetto al quale è stata incardinata la causa C-522/2024 dinanzi alla Corte di Giustizia) aveva rimesso alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale vertente sui seguenti quesiti:
«Domanda n. 1: “se la direttiva 2000/78/CE osti ad un recepimento che permetta il decreto legge n.172 del 2021 nella parte in cui modifica il decreto legge n.44 del 2021 aggiungendo il comma 4-ter, comma 2 b), che impone al militare una vaccinazione obbligatoria e contraria alla sua opinione personale, perché lo obbliga a sottoporsi a tale trattamento sanitario, ancora sperimentale, a suo rischio e pericolo, come requisito addizionale, ma necessario per poter lavorare nello stesso ambiente di lavoro in cui sono presenti lavoratori civili, per i quali la norma non impone l'obbligatorietà della vaccinazione, nonostante svolgano le stesse funzioni dei militari.”
Domanda n. 2: “se l'art. 2 comma 2 b della direttiva 2000/78/CE osta ad un provvedimento come il d.l. n.172/21 nella parte in cui modifica il d.l. n.44/21 aggiungendo il comma 4 ter comma 1 b che impone al lavoratore militare una vaccinazione obbligatoria e contraria alla sue convinzioni personali, come requisito necessario per poter lavorare nello stesso ambiente di lavoro in cui sono presenti militari che nel rispetto delle loro convinzioni personali hanno ritenuto conveniente vaccinarsi anche in assenza di obbligo, ciò nonostante che il militare non vaccinato sia disponibile, e comunque già obbligato, a produrre con intervalli inferiori alle 48 ore il risultato di un tampone che certifichi la negatività al covid.”.
Domanda n. 3: “se il provvedimento di cui al d.l. n.172/21 che integra il d.l. n.44/21, il quale impone con l'art 4 ter comma 3 al lavoratore - privo di altro reddito -sospeso per violazione dell'obbligo vaccinale, di non poter in alcun modo legale provvedere al proprio sostentamento ed all'adempimento delle obbligazioni finanziarie sottoscritte dallo stesso in epoca antecedente e a carattere continuativo e duraturo, violi gli art. 1,2,3,7,15,21,33 e 34 della CDFUE.”.
Domanda n. 4: “se l'art. 4-ter DL 44/2021, inserito dal DL 172/2021 sia in contrasto con gli artt. 1, 8, 9, 14, 17, 18 CEDU e con la direttiva 2000/78/CE. Posto che l'art. 4 ter DL 44/2021 dispone «l’atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati», e le Amministrazioni lo interpretano nel senso che ‘Le giornate di sospensione sono considerate servizio non utile agli effetti della maturazione di classi e scatti economici, nonché della licenza ordinaria, che andrà proporzionalmente decurtata. Inoltre, le giornate di sospensione non sono utili ai fini pensionistici’, con ciò costringendo i lavoratori interessati a ricorrere all'Autorità giudiziaria, per vedersi riconosciuta l'anzianità di servizio maturata medio tempore durante la sospensione, la detrazione dei giorni di licenza e della pensione.”.
Domanda n. 5: “se le modalità utilizzate dal legislatore italiano nel prevedere l'obbligo vaccinale per talune categorie di persone, formalmente sottoposto a consenso sull’inoculazione, ma sostanzialmente disinformato perché privo delle indicazioni/informazioni necessarie per garantire la consapevolezza del cittadino, siano in contrasto con gli artt.1, 2, 3, 7, 15, 21 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE nonché con la Risoluzione 2361(2021) del Consiglio d'Europa ed il Regolamento (UE) 2021/953, e con il Regolamento (UE) 2014/536. Anche alla luce del considerando 36 del Regolamento (UE) 2021/953 (come rettificato, in Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 211 del 15 giugno 2021), che ha portata interpretativa e dell'art. 2 della Carta di Nizza che riconosce il diritto alla vita, strettamente connesso con le criticità emerse a causa della somministrazione del vaccino Astrazeneca e le disfunzioni fisiologiche subite da coloro che sono stati inoculati con il vaccino della multinazionale biofarmaceutica anglo-svedese - con danni permanenti al cervello causati da coaguli di sangue e trombosi vascolare - il consenso informato (inesistente) del paziente, è uno strumento posto a fondamento anche del trattamento sanitario obbligatorio per legge, poiché l'obbligo di acquisire il consenso ha per oggetto l'informazione sulle prevedibili conseguenze del trattamento e la possibilità del verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente.” “se l’art. 20, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, osti ad una normativa nazionale che preveda la revoca delle misure di accoglienza a carico del richiedente maggiore di età e non rientrante nella categoria delle “persone vulnerabili”, nel caso in cui il richiedente stesso sia ritenuto autore di un comportamento particolarmente violento, posto in essere al di fuori del centro di accoglienza”.
In ragione del fatto che la decisione della Corte di giustizia possa incidere direttamente sulla valutazione del ricorso all'attenzione della Sezione Prima bis (anche in virtù della dedotta violazione dell’art. 3 della Carta di Nizza, del Regolamento CE n. 507/2006 della Commissione del 29 marzo 2006 e del Reg. CE del 16.04.2014 n. 536/2014), il Collegio decide di sospendere il giudizio mediante l'istituto della cd. “sospensione impropria”; esso si applica:
- sia nei casi in cui vi sia pendenza della questione di legittimità costituzionale di una norma, sollevata in una diversa causa, ma applicabile nel procedimento in esame,
- sia nel caso in cui vi sia stato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 T.F.U.E. disposto in una causa diversa, ma applicabile al caso da decidere.
In virtù di tanto il TAR Roma sospende il giudizio in attesa dell’esito della questione di pregiudizialità pendente dinanzi alla Corte di Giustizia, in maniera da poter decidere, all'esito del pronunciamento della Corte di Giustizia, sulla base di una normativa conforme al diritto euro-unitario.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Roma/ordinanza del 22 ottobre 2025
Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del militare per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale: il TAR Roma sospende il giudizio e attende la Corte di Giustizia
La Sezione Prima Bis del TAR Roma sospende il giudizio relativo ad una sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di un militare che non aveva assolto l'obbligo vaccinale e decide di attendere il responso della Corte di Giustizia sulla questione pregiudiziale rimessale dalla Prima Sezione del Consiglio di Stato
Massima
Medicinale – sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del militare – mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale – sospensione del giudizio – questione pregiudiziale pendente dinanzi alla Corte di Giustizia
In un periodo in cui si moltiplicano le pronunce della Giustizia amministrativa relative ai ricorsi proposti avverso le sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione disposte nei confronti di esponenti delle varie categorie di dipendenti dello Stato che non hanno assolto gli obblighi vaccinali, spicca questa ordinanza con cui il TAR Roma decide di sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia in materia.
La Prima Sezione del Consiglio di Stato, infatti, con il parere n. 563 del 12 giugno 2025, richiamando anche il precedente parere 29 luglio 2024 n. 893, (rispetto al quale è stata incardinata la causa C-522/2024 dinanzi alla Corte di Giustizia) aveva rimesso alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale vertente sui seguenti quesiti:
«Domanda n. 1: “se la direttiva 2000/78/CE osti ad un recepimento che permetta il decreto legge n.172 del 2021 nella parte in cui modifica il decreto legge n.44 del 2021 aggiungendo il comma 4-ter, comma 2 b), che impone al militare una vaccinazione obbligatoria e contraria alla sua opinione personale, perché lo obbliga a sottoporsi a tale trattamento sanitario, ancora sperimentale, a suo rischio e pericolo, come requisito addizionale, ma necessario per poter lavorare nello stesso ambiente di lavoro in cui sono presenti lavoratori civili, per i quali la norma non impone l'obbligatorietà della vaccinazione, nonostante svolgano le stesse funzioni dei militari.”
Domanda n. 2: “se l'art. 2 comma 2 b della direttiva 2000/78/CE osta ad un provvedimento come il d.l. n.172/21 nella parte in cui modifica il d.l. n.44/21 aggiungendo il comma 4 ter comma 1 b che impone al lavoratore militare una vaccinazione obbligatoria e contraria alla sue convinzioni personali, come requisito necessario per poter lavorare nello stesso ambiente di lavoro in cui sono presenti militari che nel rispetto delle loro convinzioni personali hanno ritenuto conveniente vaccinarsi anche in assenza di obbligo, ciò nonostante che il militare non vaccinato sia disponibile, e comunque già obbligato, a produrre con intervalli inferiori alle 48 ore il risultato di un tampone che certifichi la negatività al covid.”.
Domanda n. 3: “se il provvedimento di cui al d.l. n.172/21 che integra il d.l. n.44/21, il quale impone con l'art 4 ter comma 3 al lavoratore - privo di altro reddito -sospeso per violazione dell'obbligo vaccinale, di non poter in alcun modo legale provvedere al proprio sostentamento ed all'adempimento delle obbligazioni finanziarie sottoscritte dallo stesso in epoca antecedente e a carattere continuativo e duraturo, violi gli art. 1,2,3,7,15,21,33 e 34 della CDFUE.”.
Domanda n. 4: “se l'art. 4-ter DL 44/2021, inserito dal DL 172/2021 sia in contrasto con gli artt. 1, 8, 9, 14, 17, 18 CEDU e con la direttiva 2000/78/CE. Posto che l'art. 4 ter DL 44/2021 dispone «l’atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati», e le Amministrazioni lo interpretano nel senso che ‘Le giornate di sospensione sono considerate servizio non utile agli effetti della maturazione di classi e scatti economici, nonché della licenza ordinaria, che andrà proporzionalmente decurtata. Inoltre, le giornate di sospensione non sono utili ai fini pensionistici’, con ciò costringendo i lavoratori interessati a ricorrere all'Autorità giudiziaria, per vedersi riconosciuta l'anzianità di servizio maturata medio tempore durante la sospensione, la detrazione dei giorni di licenza e della pensione.”.
Domanda n. 5: “se le modalità utilizzate dal legislatore italiano nel prevedere l'obbligo vaccinale per talune categorie di persone, formalmente sottoposto a consenso sull’inoculazione, ma sostanzialmente disinformato perché privo delle indicazioni/informazioni necessarie per garantire la consapevolezza del cittadino, siano in contrasto con gli artt.1, 2, 3, 7, 15, 21 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE nonché con la Risoluzione 2361(2021) del Consiglio d'Europa ed il Regolamento (UE) 2021/953, e con il Regolamento (UE) 2014/536. Anche alla luce del considerando 36 del Regolamento (UE) 2021/953 (come rettificato, in Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 211 del 15 giugno 2021), che ha portata interpretativa e dell'art. 2 della Carta di Nizza che riconosce il diritto alla vita, strettamente connesso con le criticità emerse a causa della somministrazione del vaccino Astrazeneca e le disfunzioni fisiologiche subite da coloro che sono stati inoculati con il vaccino della multinazionale biofarmaceutica anglo-svedese - con danni permanenti al cervello causati da coaguli di sangue e trombosi vascolare - il consenso informato (inesistente) del paziente, è uno strumento posto a fondamento anche del trattamento sanitario obbligatorio per legge, poiché l'obbligo di acquisire il consenso ha per oggetto l'informazione sulle prevedibili conseguenze del trattamento e la possibilità del verificarsi di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente.” “se l’art. 20, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, osti ad una normativa nazionale che preveda la revoca delle misure di accoglienza a carico del richiedente maggiore di età e non rientrante nella categoria delle “persone vulnerabili”, nel caso in cui il richiedente stesso sia ritenuto autore di un comportamento particolarmente violento, posto in essere al di fuori del centro di accoglienza”.
In ragione del fatto che la decisione della Corte di giustizia possa incidere direttamente sulla valutazione del ricorso all'attenzione della Sezione Prima bis (anche in virtù della dedotta violazione dell’art. 3 della Carta di Nizza, del Regolamento CE n. 507/2006 della Commissione del 29 marzo 2006 e del Reg. CE del 16.04.2014 n. 536/2014), il Collegio decide di sospendere il giudizio mediante l'istituto della cd. “sospensione impropria”; esso si applica:
- sia nei casi in cui vi sia pendenza della questione di legittimità costituzionale di una norma, sollevata in una diversa causa, ma applicabile nel procedimento in esame,
- sia nel caso in cui vi sia stato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 T.F.U.E. disposto in una causa diversa, ma applicabile al caso da decidere.
In virtù di tanto il TAR Roma sospende il giudizio in attesa dell’esito della questione di pregiudizialità pendente dinanzi alla Corte di Giustizia, in maniera da poter decidere, all'esito del pronunciamento della Corte di Giustizia, sulla base di una normativa conforme al diritto euro-unitario.
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